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Gli Interventi

Giulia Remorino

Ed eccoci dopo un anno a fare il bilancio. Abbiamo appena ascoltato le voci della generazione che ci precede: voci di sofferenza , ma anche di tanta speranza… speranza che l’Uomo – nel senso più vero e più grande – proceda sempre rendendo (sembra un gioco di parole) più Umano il proprio “stare nel mondo”. Dalla seconda guerra mondiale e dalle persecuzioni naziste è passato tanto tempo, come oramai sono storia il voto alle donne e il Suffragio universale, e si potrebbe continuare . Eppure…. guerre atroci, morti assurde, nuove forme di schiavitù, valori umani violati ogni secondo.

Ce ne sarebbe da far scoppiare una rivoluzione, una rivolta delle coscienze.

Invece troppo spesso silenzio, un chiamarsi fuori giustificando impotenza, inutilità. “Tanto a cosa serve?”.

Così stiamo a guardare, e perdura questa involuzione nel processo di civiltà e di crescita di valori, che è la grande scommessa per l’Umanità intera nel secondo millennio.

Noi di Human in Progress, nel nostro piccolo, non stiamo a guardare. Come associazione culturale ci siamo riuniti ogni mese per aiutarci a capire come meglio operare, decodificando insieme i messaggi di chi, senza nome e senza parola, deve essere ascoltato. Solo combattendo la nostra ignoranza , il nostro pregiudizio, procedendo con occhi ben aperti si può aiutare a compiere un passo verso un Tempo che sia veramente Umano.

Sul nostro sito web ci sono gli articoli scritti nel corso dell’anno dai Soci, per sensibilizzare, creare dibattito e fare rete intorno ai temi che ci stanno più cari. E l’Alterità, il rispetto e la comprensione di essa, sono stati ovviamente principio ispiratore e linea guida.

Abbiamo tantissimi simpatizzanti, che desideriamo continuino a seguirci, anche venendo alle riunioni in sede.

Ogni persona è un Universo, ed ogni partecipante dà un contributo prezioso.

L’équipe terapeutica e la Consulenza legale hanno lavorato attivamente nel venire incontro alle esigenze di chi ci ha chiesto aiuto.

Oltre alla collaborazione con Nocetum, Voce del Bambino ed altre associazioni per l’Assistenza ai Rifugiati, ci siamo occupati di alcuni gravi casi di maltrattamento, abuso e disagio.

La psicoterapia, l’assistenza psichiatrica e di counseling, il lavoro d’équipe ci hanno permesso di vedere nei nostri assistiti un miglioramento che incoraggia a fare di più e sempre meglio.

Lavoriamo spesso non in lingua italiana, ma soprattutto ascoltiamo e ci sintonizziamo sui codici dell’Altro, poiché l’Empatia, l’Affetto e la Solidarietà non hanno barriera linguistica.

Fra i miei assistiti ho una ragazza araba che ha rischiato la vita perchè lesbica e che oggi, oltre alla terapia post-trauma, segue con borsa di studio il Politecnico di Milano.

Una giovane Iraniana, pesantemente maltrattata dal proprio fidanzato, è riuscita a trovare un lavoro, dignità ed autonomia.

Una madre ebrea, che ha subito violenza per dieci anni dal marito si è separata ed ora sta donando a sé ed ai suoi nove figli una nuova vita, serena e libera.

Un ragazzo nigeriano, ora ha trovato l’affetto di una famiglia, un lavoro e sta riprendendo gli studi.

Un giovane disabile, considerato soggetto aggressivo, pericoloso e senza speranza, ascoltato in modo empatico e seguito in terapia dalla nostra équipe, ora crede di nuovo nella vita e sente di poter costruire un futuro di dignità e crescita.

Speriamo di continuare ad operare “always better and more and more” sempre meglio e sempre di più.

La parola ora ai miei compagni di viaggio…

Grazie!

 

Giulia Remorino Ibry

LA GRATUITÀ

Di Soledad Vera

Ringrazio l’ Associazione HUMAN  IN PROGRESS , di cui faccio parte, che mi ha permesso di donare il mio tempo rendendomi utile a tante persone attraverso i Colloqui  di Counseling e Mediazione Corporea.

In un percorso di Ascolto Profondo, Empatico, senza giudizio, ho accompagnato le persone ad esplorare le prorpie emozioni, accogliendole con rispetto e sopratutto aiutandole a Valorizzare ed Attivare le loro preziose risorse interne, come forza o chiave per affrontare le difficoltà del momento di passaggio o cambiamento.

Quest’ anno ho seguito 40 incontri, ognuno di 1. 30/ 2 ore con diverse tematiche personali.  

Ad esempio:

  • Accompagnamento nel lutto del marito.
  • Difficoltà relazionale con la figlia, dopo il divorzio dal marito.
  • Difficoltà  relazionale con la figlia dopo la mancanza del padre.
  • Incertezze Lavorative.
  • Perdite affettive,  del compagno, e del padre.
  • Preparazione e accompagnamento in un prepensionamento.
  • Difficoltà nella relazione di coppia.
  • Difficoltà nella gestione e sostegno dei genitori malati e anziani.
  • Shock subito dopo un incidente sul lavoro.
  • Separazione dal fidanzato.
  • Difficoltà relazionale con il capo  (stalking).
  • Difficoltà nel prendere  decisioni.

Una esperienza arricchente, a livello personale, professionale ed umano.

Soledad Vera

Testimonianze dal Passato

Eugenia Teresa Baratti

Per stare in linea con il canto che abbiamo sentito, ecco una delle lettere che mio padre ha spedito dal campo di lavoro in Polonia dove era prigioniero durante la seconda guerra mondiale.

Questa e tante altre cose mi hanno raccontato i miei genitori. Quello che ho sempre percepito forte e chiaro dai loro racconti e anche dal loro comportamento é che hanno dato l’anima (e anche di più) per regire alla distruzione , all’ odio. E ce l’hanno fatta. Hanno ricostruito l’Italia perchè questo era il loro ideale e la loro speranza.

Avere un ideale è più difficile che solamente seminare cinismo e paura perchè con un ideale bisogna fare qualcosa .

Ecco,la nostra Associazione ha l’obiettivo di FARE e non di Disfare. E anche solo diffondendo il nostro pensiero, il nostro esempio, secondo me, si diffonde anche la voglia di ‘Solidarietà’

Mara Zambelli

Sono psicomotricista e mi occupo anche di potenziamento cognitivo.

Collaboro con Human in Progress dall’inizio dell’anno.

Ho deciso di far parte di questa associazione per il clima di accoglienza che ho trovato e anche per dare una possibilità di accedere ai servizi gratuitamente a tutte quelle persone che diversamente non ne avrebbero la possibilità.

Attualmente seguo per conto dell’associazione due casi:

il primo riguarda un giovane uomo disabile che vive in una comunità. Il mio lavoro con lui consiste nel recupero e nel potenziamento di funzioni cognitive attraverso il metodo Feuerstein, di cui sono mediatrice, che si basa sul concetto della “Modificabilità Cognitiva Strutturale attraverso un’ esperienza di apprendimento Mediato”.

L’obiettivo è quello di migliorare il suo livello di apprendimento permettendogli di riprendere gli studi interrotti e migliorare il suo livello di autonomia.

Il secondo caso che ho in carico riguarda un bambino di 6 anni che vive in una famiglia disfunzionale in cui i genitori si stanno separando. Il fratello maggiore è preso in carico dalla Dott.ssa Remorino.

Con questo bambino svolgo attività psicomotoria che si basa sull’osservazione del gioco spontaneo e della comunicazione non-verbale attraverso l’ausilio di materiali psicomotori molto semplici (cuscinoni, materiale morbido, teli,ecc) .

Attraverso questa attività ludica il bambino ha la possibilità di potenziare le sue abilità motorie, sociali e comunicative ed esprimere il suo mondo interno e le sue emozioni attraverso il movimento.

Famiglia, famiglie. Un lungo percorso verso l’alterità.

Marco Aldegheri

In questo intervento vorrei porre alcune questioni legate alla genitorialità e alla famiglia, e alla loro evoluzione a livello sostanziale. In primis i due concetti nascono in ambito biologico, basandosi su un assioma incontestabile: noi tutti siamo nati dall’unione di un gamete maschile e un gamete femminile, avendo quindi una madre biologica e un padre biologico. La famiglia ab origine è quindi costituita da madre biologica, padre biologico e figli. Questa visione è ormai sorpassata: pensiamo al non più recente avvento delle nuove scienze, che permettono attraverso procedura mediche di assistere, facilitare, manipolare il concepimento: portiamo come esempio la fecondazione assistita (eterologa o non). Oppure concentriamoci sulle pratiche di adozione: un tempo visto con sospetto, ma ora assolutamente normali e accettate (chi mai direbbe che i genitori adottivi di un figlio non sono i suoi veri genitori?).

Del resto pensiamo agli innumerevoli personaggi non cresciuti dai genitori biologici: vorrei dipingere colti esempi, ma credo sia più di effetto citare Walt Disney! Fin dai primi film di animazione siamo stati abituati a personaggi cresciuti, in maniera più o meno corretta, da figure altre rispetto ai genitori biologici. Pensiamo ad Aurora (la Bella Addormentata nel bosco) cresciuta da tre fatine, a Cenerentola allevata (ma purtroppo non accudita, ma vessata) da una terribile matrigna, oppure a Pinocchio, cresciuto da un genitore single (anche se ad onor del vero si tratta di un burattino di legno, che poi diventa un bambino vero).

Tralasciando i film, noi tutti siamo cresciuti con esempi di bambini o ragazzi cresciuti per esempio dai nonni, per varie cause (lutti, lavoro, conflitti). Nessuno negherebbe ai nonni e al minore lo status di famiglia.

Siamo quindi davanti a un cambio importante: passiamo da una prospettiva biologica a una psicologica, dove la genitorialità è proprietà acquisita e non conseguenza diretta dei geni. Anche il concetto di generatività muta: non più solo come capacità di procreare, ma come capacità di educare e di far nascere a livello psicologico un individuo (dargli protezione, un’identità, seguire le sue inclinazioni). Senza quindi complessificare la terminologia, diciamo che genitorialità è fare in modo che il proprio figlio riesca a vivere bene nel mondo; questa proprietà ha mille sfaccettature, di cui abbozzerò alcune casistiche, dando più confusione che linearità.

Come già dipinti pensiamo ai casi di genitori che hanno ricorso alla scienza o all’adozione: la faccenda famiglia si complica (il figlio adottivo si chiederà chi sono i suoi veri genitori? Come comunicare al figlio l’adozione? Quando? Come e quando spiego a mio figlio che ci sono stati dei donatori? E’ qualcosa da dire?).

Come essere genitori è anche complicato da separazioni e divorzi: se un ex-patner si unisce con un/una nuovo/nuova compagno/compagna, questo/questa farà parte della famiglia? Ancora una volta questo dipende da un aspetto psicologico, non di etichetta: una matrigna o un patrigno possono essere davvero punti di riferimento saldi per il minore, se questi contribuiscono alla crescita e non entrano in contrasto con le figure della coppia originaria.

Altra realtà che ha aperto di molto il dibattito sulla genitorialità è quella delle famiglie arcobaleno, cioè delle coppie omogenitoriali. Il dibattito è amplissimo e già affrontato da alcuni miei interventi, ma vorrei delineare alcune situazioni: coppie omosessuali che crescono figli nati da precedenti relazioni, coppie omosessuali che affrontano tecniche mediche di modo che un componente possa dare i geni alla propria prole, coppie omosessuali che non ricorrono alla scienza ma a metodi tradizionali (ad esempio, una donna lesbica in coppia fa sesso con un uomo, single o meno, per avere un figlio). Prendiamo questo ultimo caso: il figlio nato avrà due mamme? Due mamme e un papà? Questo padre biologico sarà considerato dalla coppia genitoriale? Con che ruolo?

Dalla complessità dell’argomento capiamo come sia decisamente impossibile dare etichette (“se sei genitore così è bene, se no male”), ma il vero discrimine è proprio la capacità di educare e di dare un senso di sicurezza. Capiamo quindi come ci debba essere un ennesimo livello da considerare, cioè quello sociale: non etichettare famiglie al di fuori del biologico significa usare un’ottica complessa, critica, aperta e di inclusione, considerando non il contorno, ma il contenuto, la vera alterità. Solo così non ci bloccheremo davanti a qualcuno diverso da noi, ma cercheremo di comprenderlo e di farlo come valore.

“Manifesto” di Julian Rosefeldt

Francesco Remorino

Il concetto di Manifesto per Rosefeldt, attraverso la presenza di tredici personaggi e tredici vite all’interno di una installazione, che inducono il visitatore a introdursi nelle differenti vite delle stesse tredici persone; facendo emergere il concetto di società individualista come quella del nostro secolo legata a un atteggiamento estetico politicamente democratico.

Proseguendo sull’installazione di Julian Rosefeldt, il visitatore accede in una sala scura dove sono presenti degli schermi disposti in modo confuso con delle voci che si intrecciano con delle immagini, poco dopo il fruitore capisce che sugli stessi schermi ci sono delle persone che racconto la loro vita; ad esempio un broker con il telefono all’orecchio recitando: “ Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici e io sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perchè come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico” (2)

Andando avanti, a sinistra della sala, vi è il prologo: una fiamma scintillante e la voce dell’attrice che comincia a recitare una paradossale affermazione tratta dal Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels: “tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria” (3)

Continuando il percorso visitativo avvolto dalle voci dei vari personaggi, possiamo notare l’inserimento drammatico di una storia raccontata da un senzatetto che vaga solo e adirato. Si gira verso la telecamera, mostrando un volto di una persona che tanto tempo non si prende cura di sé, perchè sempre impegnato nei suoi discorsi solitari e a cercare un luogo dove sostare, in più col pensiero di essere stato abbandonato e criticato dalla società; come un essere diverso e impotente di assumere il senso di indipendenza e dignità nella vita.

Impazzito, comincia a gridare mostrando la sua dentatura putrida: “ La crisi attuale ha messo a nudo il capitalismo. Più che mai, esso si svela come sistema di furto frode, di disoccupazione e di terrore, di carestia e di guerra.

La generale crisi del capitalismo si riflette nella sua cultura. L’apparecchio economico e politico della borghesia è in piena decomposizione, la sua filosofia, la sua letteratura e la sua arte sono in fallimento”. (4)

E’ proprio qui che si rinforza il concetto di Manifesto in Rosefeldt, perchè lo stesso Manifesto non è l’infinitesimo ripetuto ritratto di una società capitalista in disintegrazione, ma un richiamo alla lotta, una lotta da affrontare con le armi più potenti, quelle della cultura, quelle della demagogia artistica, letteraria e filosofica; che a volte non vengono apprezzate nella loro essenzialità. Questo per avere una società che ponga ideali civili rispettabili e ideali di democrazia accettabili, in continua crescita, con il risultato di evitare qualsiasi forma di ribellione tradotta in: terrore, guerra e infine qualunquismo politico.

Andando avanti nell’analisi dell’installazione di Rosefeldt, ci sono altri esempi importanti da tenere in considerazione, seguendo la linea di quanto detto prima. Il primo esempio, attraverso i cortometraggi di Julian Rosefeldt nei quali è presente l’ironia si una maestra elementare che insegna ai suoi allievi il concetto: “nulla è originale”(5), la cruda realtà della inerte quotidianità di un’operaia, in più un vasto tessuto di brani tratti dai manifesti che hanno segnato la cultura del XX secolo; e le dichiarazioni di recenti artisti, architetti, ballerini e cineasti quali Sol LeWitt, Yvonne Rainer, Lars von Trier o Jim Jarmush.

Il tutto si può si ricollegare, con il secondo esempio che incita verso i manifesti ideali riguardanti la cultura popolare e l’arte, a noi contemporanei, che possono essere: il futurismo, dadaismo, comunismo che tornano a vivere spesso nella nostra quotidianità, attraverso la performance  dell’attrice Cate Blanchett, dove la troviamo nel ruolo di un’insegnante, di una madre, di un senzatetto, di una donna al lutto, e di una presentatrice televisiva.

Arte, cultura popolare, cinema sono punti importanti per Rosefeldt, infatti ispirandosi a queste tematiche ha potuto realizzare questa installazione multi schermo per esibire il tormento introspettivo dell’esistenza dei personaggi della nostra epoca; di conseguenza porre in luce la nostra società ciò che ha bruciato nell’animo dei grandi intellettuali del passato: “Questi autori hanno questo bisogno irreprensibile di dire qualcosa al mondo”.

Spiega Rosefeldt in un’intervista filmata del 2015, “Attraverso il mondo dell’arte, è il mondo intero che vogliono cambiare! Leggere questi testi mi da gioia, e la voglia di andare più lontano in quanto artista, di contribuire alla società.

Questa è una chiara testimonianza di Rosefeldt, che ognuno di noi è capace di dare un contributo per far rinascere la nostra società contemporanea, che ultimamente è afflitta da tanti problemi, quali: l’alterità che viene dalla forte intolleranza pericolosa e razzista, il capitalismo che è ormai in declino e la nostra società è alla disperata ricerca di un’alternativa, la donna dai mille volti si scinde, si disintegra per poi ritrovarsi in solo spirito: quello di un’umanità alla deriva in un mare di contraddizioni.

In conclusione, evitare tutto ciò è possibile, e la soluzione sta nel scrivere tanti manifesti senza pause e che parlino di storia, letteratura, arte, filosofia, senso civile e cultura; o meglio di materiale altamente vivo e performativo, che ci aiuti arrivare ad apprezzare la nostra società odierna senza barriere, ma con battenti sempre aperti.