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Ho sessant’anni, vivo e lavoro in Italia da sempre. Mio padre è stato caricato in una cesta, neonato, su una nave che dal Sud America portava in Italia. Mia madre è arrivata dal Medio Oriente, ragazzina, durante la seconda guerra mondiale ed è sfuggita alle persecuzioni naziste perché nascosta in un convento di suore sul lago Maggiore.

Perché vi dico tutto questo?

Per presentarmi e per affermare che ieri, 11 giugno 2018, per la prima volta mi sono vergognata di essere Italiana. E’ un sentimento terribile, distruttivo alla radice, un veleno i cui effetti non avrei mai immaginato di provare.
Mia madre racconta che il nostro popolo è il popolo migliore del mondo, che l’ha accolta con simpatia quando a scuola non capiva una parola, e si chiudeva in un silenzio spaventato.

Forse per via della mia storia, mi sono spesso sentita cittadina del mondo, ma quando alla Televisione si mostravano i nostri militari, i nostri volontari, intenti a salvare persone migranti dalla miseria, dalla morte e dall’esilio, l’orgoglio di appartenere a questo nostro Paese lo sentivo, forte e chiaro, dentro di me.

Il senso di trasferire questo orgoglio a mio figlio, che ha operato come volontario presso un centro di prima accoglienza sulle coste della Sicilia. La gioia di mio figlio nello scoprire che, con il poco francese e inglese studiati a scuola, ha potuto comunicare e scambiare solidarietà, amicizia – come solo i ragazzi fra loro sanno fare – con giovani come lui appena salvati dal mare.

Ora, un giorno buio per la nostra Nazione, tutto quanto è nella Storia e nello Spirito della nostra gente è stato tradito.

Gravi questioni Internazionali, che vanno trattate ai tavoli della diplomazia e del civismo responsabile, sono diventate pretesto per un ricatto ideologico senza precedenti, sulla pelle di chi soffre, e di chi ci chiede aiuto. Il rifiuto all’accoglienza di una nave di naufraghi, obbligata a passare ore ed ore in un mare difficile, con il suo carico umano in grave disagio, rappresenta un atto nel quale ogni Uomo degno di questo nome non può riconoscersi.

La speranza è che la crisi umanitaria venga superata positivamente, e senz’altro ci saranno speculazioni da varie parti politiche in ogni direzione.

Ma quello che abbiamo da fare ora, dopo l’indignazione e la vergogna, è lavare questa macchia, una brutta macchia nera su di un Paese che è storicamente modello di rispetto per l’Essere Umano e campione di Solidarietà.

Non basta fare appello alle coscienze, ma entrare in campo fattivamente, tutti, perché l’Italia riprenda l’antica dignità che le appartiene, in Europa e nel mondo.
12 giugno, 2018