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Di sicuro accadono fatti che meritano riflessione, ed è quello che vogliamo offrirvi.

La premessa necessaria per permettere di comprendere come si stia muovendo la Polonia è nella sentenza della Corte Costituzionale polacca del 7 ottobre 2021, che ha stabilito che la costituzione della Polonia ha la precedenza su alcune leggi dell’UE. 

La Corte Costituzionale, considerata sotto il controllo del partito di governo Diritto e Giustizia e composto da diversi giudici nominati in violazione della costituzione polacca, si è pronunciata su una domanda presentata dal primo ministro Mateusz Morawiecki sul fatto che la Corte di giustizia dell’UE si stia spingendo troppo oltre nelle sue sentenze sul sistema giudiziario polacco e superi le sue competenze ai sensi dei trattati europei:“Lo sforzo della Corte di giustizia dell’Unione europea di interferire nel sistema giudiziario polacco viola il principio dello stato di diritto, il principio del primato della costituzione polacca e il principio del mantenimento della sovranità nel processo di integrazione europea”.

Di fatto la Polonia non riconosce più la supremazia delle leggi europee su quelle polacche, cioè uno dei princìpi fondativi dell’Unione Europea.

La decisione della Corte Costituzionale polacca non ha precedenti nella storia europea ma è solo l’ultimo passaggio di una contesa giudiziaria che prosegue da alcuni anni fra l’Unione Europea e la Polonia, diventata un paese a guida semi-autoritaria dopo la vittoria alle elezioni del 2017 da parte del partito Diritto e Giustizia, di estrema destra. L’Unione Europea e la stragrande maggioranza degli esperti di diritto internazionale ritengono che il governo polacco abbia compromesso l’indipendenza dei tribunali e della magistratura con varie decisioni: la stessa Corte Costituzionale polacca è piena di giudici nominati direttamente dal governo e ritenuti vicini a Diritto e Giustizia.

Nella sola giornata del 28 ottobre:

– il governo presieduto da Morawiecki ha espresso netto rifiuto al pagamento della sanzione pecuniaria di un milione di euro al giorno irrogata il giorno prima dalla Corte di giustizia dell’Unione europea; 

– il Parlamento ha approvato in via definitiva alla costruzione del muro anti migranti al confine con la Bielorussia;

– il Sejm o Camera bassa si è pronunciato perché continui l’iter legislativo della proposta d’iniziativa popolare Stop LGBT.

Vediamo queste tematiche, che vanno ad aggiungersi al dramma delle donne polacche private del diritto di abortire.

  1. Il diritto all’aborto è sostanzialmente eliminato
  2. Si alzano muri nel cuore dell’Europa
  3. I diritti LGTB sono ignorati 
  4. L’indipendenza della magistratura è a rischio

1) Il diritto all’aborto

Un anno fa, nell’autunno del 2020, oltre alla pandemia la Polonia si trovava a combattere perché venisse conservato il diritto all’aborto.

Facciamo un passo indietro.

In Polonia, la legge del 7 gennaio 1993 (il cosiddetto “compromesso sull’aborto”) prevede tre condizioni per l’ammissibilità dell’aborto:

  • la gravidanza rappresenta una minaccia per la vita o la salute di una donna incinta;
  • test prenatali o altre indicazioni mediche indicano un’alta probabilità di insufficienza fetale grave e irreversibile o una malattia incurabile pericolosa per la vita (la cosiddetta “condizione embrio patologica”),
  • quando vi è un ragionevole sospetto che la gravidanza sia il risultato di un atto criminale (fino a dodici settimane dal concepimento); il verificarsi di questa circostanza deve essere confermato dall’autorità giudiziaria pubblico ministero.

Il codice penale del 1997 ha introdotto fino a tre anni di carcere per le donne e i servizi medici in caso di violazione della legge sull’aborto. La pena può essere aumentata a otto anni se vi è un’indicazione che il feto potrebbe sopravvivere da solo al di fuori del corpo della donna. 

Il 22 ottobre 2020 la Corte costituzionale polacca ha dichiarato che:

– il prerequisito per l’interruzione embrio patologica della gravidanza è incompatibile con la Costituzione polacca;

-quindi la legalizzazione della procedura di aborto, in cui gli esami prenatali o altre strutture mediche indicano un’alta probabilità di disabilità fetale grave e irreversibile o una malattia incurabile pericolosa per la vita, non è costituzionalmente giustificata.

Stando alle statistiche governative, nel 2019 negli ospedali polacchi sono state interrotte 1.100 gravidanze, di cui ben 1.074 a causa di patologie embrionali. 

Secondo le organizzazioni per i diritti della donna ogni anno a ricorrere all’aborto sarebbero dalle 100.000 alle 150.000 polacche. 

La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 22 ottobre 2020 priva le donne del diritto di decidere e le costringe a portare in grembo dei feti malati e a partorire dei bambini destinati a gravi sofferenze.

A seguito delle forti proteste immediatamente dopo l’emissione della sentenza, dal 6 novembre 2020 la sentenza stessa era stata temporaneamente sospesa per non aggravare la situazione di disordine pubblico e rischio.

Nel gennaio 2021, però, il governo polacco annunciava la pubblicazione e simultanea entrata in vigore con valore di legge della sentenza della Corte Costituzionale polacca.

Pochi giorni fa, il 6 novembre del 2021, decine di migliaia di manifestanti hanno protestato  in 80 città del Paese, ricordando la trentenne incinta di 22 settimane morta il 22 settembre scorso a causa di uno shock settico dopo che i medici, seguendo la legge restrittiva sull’interruzione di gravidanza in vigore dall’inizio di quest’anno, si sono rifiutati di praticare l’aborto, nonostante il feto fosse malformato.

https://it.euronews.com/2021/11/07/protesta-contro-la-legge-anti-abortiva-polacca-dopo-la-morte-di-una-donna-per-setticemia

Ora a prendere una posizione è anche il Parlamento europeo, che ha condannato la sentenza del Tribunale costituzionale polacco che ha imposto un divieto pressoché assoluto dell’aborto poiché «mette a repentaglio la salute e la vita delle donne». Inoltre, viene anche chiesto al governo polacco, con una relazione approvata con 373 voti a favore, 124 contrari e 55 astenuti, di garantire pienamente l’accesso a servizi di aborto sicuri, legali e gratuiti.

https://www.lastampa.it/esteri/2021/11/11/news/polonia_il_parlamento_europeo_condanna_il_divieto_di_aborto_mette_a_repentaglio_la_salute_e_la_vita_delle_donne_-406908/

2) Si alzano muri nel cuore dell’Europa

La crisi dei migranti nel cuore dell’Europa rischia di sconfinare verso scenari imprevedibili e pericolosi. 

La Nato è stata chiamata in causa dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, oggi leader dell’opposizione al governo populista di Diritto e giustizia (Pis), perché, ha dichiarato, che l’Alleanza deve essere attenta a quanto accade e “pronta ad assistere gli alleati”. 

Dall’altra parte c’è Mosca che difende e giustifica il regime bielorusso.

Quattromila migranti si sono trovano tra due fuochi, strumento involontario degli “attacchi ibridi” del dittatore bielorusso Alexander Lukashenko, che li utilizza per punire l’Unione europea per le sanzioni adottate contro il Paese. Ma anche vittime del governo di Varsavia, che lungo il confine con la Bielorussa ha schierato ormai 12 mila uomini, tra militari e polizia, pur di impedire a una massa sempre più numerosa di disperati di attraversare il suo territorio per arrivare in Germania. “Siamo pronti a difendere la frontiera a ogni costo”, ha ribadito il ministro polacco della Difesa Mariausz Blaszczak.

Il 28 ottobre 2021 il Parlamento della Polonia ha approvato la costruzione di un muro al confine con la Bielorussia, per arginare l’arrivo dei migranti. Il costo della struttura, che si estenderà per 110 chilometri lungo la frontiera orientale dell’Unione europea, è stimato in 353 milioni di euro. Il presidente polacco Andrzej Duda aveva annunciato che avrebbe firmato la legge non appena fosse stata approvata dal parlamento.

Intanto Bruxelles è in attesa da settimane dell’ok delle autorità di Varsavia per un sopralluogo alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, dove dall’estate sono intrappolate alcune decine di migranti, almeno sette di questi morti di stenti, e dove è prevista la costruzione del muro. “Fino ad ora non è stato possibile organizzare una visita alla frontiera. Stiamo ancora aspettando la conferma dalle autorità polacche per l’accesso“, ha spiegato pochi giorni fa un portavoce della Commissione europea. Il governo di Mateusz Morawiecki impedisce anche a organizzazioni non governative e media di avvicinarsi.

Inoltre, nel Paese è passata una norma che – in contrasto col diritto internazionale e dell’Ue – legalizza i respingimenti dei migranti. L’emendamento, approvato dal Parlamento polacco il 14 ottobre, prevede che gli stranieri fermati dopo aver attraversato irregolarmente il confine siano obbligati a lasciare il territorio, con il divieto di ingresso nel Paese per un periodo compreso tra “sei mesi e tre anni”. Le autorità polacche possono inoltre “lasciare in sospeso” una domanda di asilo presentata da uno straniero che viene fermato subito dopo essere entrato “irregolarmente” nel Paese.

Di pochi giorni fa è la conferma ufficiale che i lavori di costruzione del muro inizieranno entro la fine dell’anno.

https://www.repubblica.it/esteri/2021/11/15/news/la_polonia_costruira_un_muro_al_confine_con_la_bielorussia_entro_fine_anno-326504632/

Intanto il 18 novembre un bambino siriano di un anno è morto di freddo nella foresta ghiacciata vicina alla frontiera. Nessuno si è accorto di lui perché i genitori erano stati portati più in là nel campo per essere medicati.

https://www.corriere.it/esteri/21_novembre_18/bielorussia-profugo-un-anno-muore-assiderato-foresta-32756862-4893-11ec-82b3-70ad85ef04dd.shtml

3) Diritti LGTB

Parlando il 16 settembre 2020 a Bruxelles davanti agli europarlamentari riuniti in plenaria, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen aveva espressamente condannato le Strefy wolne od Lgbt (zone libere da Lgbt, ndr), secondo la dicitura con cui si sono autoproclamati a tutt’oggi oltre cento comuni e voivodati polacchi, dicendo che si tratta di «zone libere da umanità e non hanno posto nella nostra Unione». 

L’11 marzo di quest’anno, invece, il Parlamento Ue aveva approvato a larghissima maggioranza la Risoluzione sulla proclamazione dell’Unione europea a zona di libertà per le persone Lgbt in reazione alle accennate Strefy wolne od Lgbt.

https://www.wired.it/attualita/politica/2020/01/21/lgbt-omofobia-diritti-polonia-europa/

Il 28 ottobre 2021, pochi giorni fa, nell’Aula del Sejm  con 235 voti favorevoli e 203 contrari, si è deciso di andare avanti con un progetto di legge, che, assegnato alla Commissione Affari Interni per la prosecuzione dei lavori, prevede il divieto di organizzare e tenere ogni manifestazione per i diritti delle persone Lgbt a partire dai Pride. 

Da bandire in quanto finalizzati a promuovere «l’estensione del matrimonio a persone dello stesso sesso», «le unioni omosessuali», «orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità», «la possibilità di adottare bambini a coppie di persone dello stesso sesso» e «l’attività sessuale di bambini e adolescenti prima dei 18 anni».

Secondo la Fondazione Życie i Rodzina (il corrispettivo polacco del nostro Pro Vita & Famiglia), che della proposta di legge d’iniziativa popolare è promotrice, per promozione sono da intendersi «tutte le forme di propaganda, protesta, lobbying» nonché «dichiarazioni, petizioni, richieste e raccomandazioni». 

Kaja Godek, esponente di punta della Fondazione Życie i Rodzina e già candidata nel 2019 alle europee tra le file del partito d’estrema destra KORWiN, si è resa nota per l’accanito impegno antiabortista con la promozione di campagne come la Stop Aborcji. Ma anche per l’ossessiva lotta senza quartiere alle istanze LGBT. 

All’inizio della discussione in Aula, Krzysztof Kasprzak, nell’illustrare il testo a nome dell’organizzazione, ha dichiarato che il movimento LGBT è totalitario paragonandone il sostegno alla promozione del comunismo o del nazismo. 

Anche l’arcivescovo metropolita di Cracovia Marek Jędraszewski era arrivato a dichiarare nell’omelia del 1° agosto 2019: «La peste rossa non serpeggia più sulla nostra terra – così il presule – ma ne è emersa una nuova, neo-marxista, che vuole impadronirsi di anime, cuori e spiriti. Una peste che non è rossa ma arcobaleno». 

  1. L’indipendenza della magistratura è a rischio

A Varsavia esiste una sezione disciplinare della Corte suprema, i cui giudici sono nominati indirettamente dal Parlamento di Varsavia, 

Questa sezione ha adottato misure disciplinari arbitrarie contro i giudici polacchi ritenuti indesiderabili dalla maggioranza di governo.

Ad inizio settembre 2021 la Commissione europea «ha deciso di chiedere alla Corte di giustizia dell’Unione Europe (CGUE) di imporre sanzioni economiche alla Polonia», specificando che la decisione riguarda l’indipendenza della magistratura. 

La Commissione ha chiesto alla Corte di infliggere alla Polonia una penalità giornaliera fino a quando le misure imposte dall’ordinanza della Corte non saranno pienamente attuate. 

Del resto, già il 15 luglio la CGUE aveva emesso una sentenza, secondo cui il diritto polacco sul regime disciplinare nei confronti dei giudici non è compatibile con quello dell’Unione.

Nel denunciare la violazione del diritto dell’Ue, la Commissione europea ha espresso preoccupazione per l’indipendenza della magistratura polacca “consentendo alla sezione disciplinare della Corte suprema – la cui indipendenza non è garantita – di prendere decisioni che hanno un impatto diretto sui giudici e sul modo in cui esercitano le loro funzioni“.

A fine ottobre la CGUE ha accolto anche la richiesta di sanzioni avanzata dalla Commissione Europea ed ha condannato Varsavia a pagare una multa di un milione di euro al giorno per non aver sospeso le disposizioni relative a un organo – la sezione Disciplinare della Corte Suprema, appunto – che secondo l’Ue limita gravemente l’indipendenza dei giudici, influenzando il loro lavoro. 

La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen :«I sistemi giudiziari in tutta l’Unione europea devono essere indipendenti ed equi. I diritti dei cittadini dell’Ue devono essere garantiti allo stesso modo, ovunque essi risiedano nell’Unione europea».

La Polonia, che ha già visto congelati dall’Unione i 23,9 miliardi di euro di sovvenzioni che il paese dovrebbe ricevere dal PNR, non ha mostrato alcuna intenzione di cooperare, aggravando la crisi tra il suo paese e l’Unione e corroborando l’idea che il diritto polacco possa avere la precedenza sull’ordinamento giuridico comunitario.

https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/2021_rolr_country_chapter_poland_en.pdf

Paola Ghezzi

per Human in Progress