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Il Centro Orientamento Educativo del paese di montagna dove mi reco da anni in villeggiatura è sempre stato un punto di riferimento per i giovani della zona ed è nel tempo cresciuto grazie alle proprie attività culturali, diffondendo il patrimonio artistico e le tradizioni rurali del posto. Ricordo interessanti conferenze, concerti ed anche incontri sportivi, dibattiti etc. Insomma: un luogo vivo che dal dopoguerra ad oggi ha saputo rinnovarsi in modo sempre più utile per la comunità.
Qualche anno fa si è verificato un ulteriore cambiamento: i giardini, il campo da calcio, i locali di questa importante struttura locale hanno avuto una fioritura insperata. Decine di giovani, famiglie, bimbi, provenienti da ogni paese del mondo hanno reso il centro più vivace, multietnico e polifunzionale. L’immigrazione, arrivata a quel piccolo borgo fra i monti, è diventata un valore aggiunto per il luogo. Sono nati corsi di lingua e cultura italiana, si sono avviate attività preparatorie al lavoro, e dall’altra parte i nuovi arrivati hanno portato diverse tradizioni, colori di linguaggi, di pelle e di vestiti. La gente del posto ed i turisti hanno trovato nuovi e stimolanti interlocutori. E la piazza si è riempita come una tavolozza di tinte e di suoni che crescevano armonizzandosi.
Alcuni dei nuovi arrivati si sono fidanzati, altri hanno ripreso gli studi, tutti hanno trovato case e famiglie aperte accoglienti, pronte a farli sentire a proprio agio nella patria recentemente acquisita.
Questo anno sono tornata in vacanza fra i monti e mi ha colpito subito il senso di vuoto, di deserto. Mi sono recata al Centro ed ho visto un luogo irriconoscibile: non una presenza nei giardini, alcune suore a confabulare in una delle salette della struttura, nessun cartello che invitasse, promuovesse, animasse… Ho suonato il campanello ed è apparsa la custode, quasi una sopravvissuta. In pochi minuti mi ha raccontato della chiusura totale del centro, voluta per legge. Le persone già inserite sono scomparse, quelle in fase di inserimento partite per sempre. Risorse preziose per il paese svanite, disperse, purtroppo spesso distrutte. In nome di quale legge? La custode scuote la testa. ” Resta tanto vuoto, qui non c’è più nessuno…”. Non è un triste film che rievoca le discriminazioni razziali e le deportazioni, è la testimonianza viva e vera di oggi, un giorno d’agosto del 2019, da un luogo di villeggiatura delle nostre prealpi. Anche da qui parte un grido, disperato, a tutela di un’umanità che si sta perdendo.

Facciamo che non sia troppo tardi.

Giulia Remorino

15/8/2019.

Ultima modifica: 19:56