L’omogenitorialità è un tema di grande attualità: sempre più all’attenzione pubblica si presentano storie di genitori dello stesso sesso impegnati nella crescita di minori, nelle circostanze più svariate: persone che hanno una relazione fissa omosessuale con figli nati da una precedente relazione eterosessuale, coppie gay che ricorrono a tecniche di fecondazione assistita o a madri surrogate, con donatore anonimo o conosciuto, figli adottati in Paesi esteri.
La comunità scientifica ormai da anni si interroga sulle doti genitoriali della coppia omosessuale, comparata a quella tradizionale etero. Nel 2015 la Columbia Law School ha raccolto tutte le ricerche scientifiche condotte sull’omogenitorialità evidenziando che, su 78 ricerche prese in esame, 74 indicano che i bambini cresciuti da genitori omosessuali e quelli cresciuti da genitori eterosessuali non si differenziano in termini di benessere psicologico. Questa compattezza di opinioni da un punto di vista scientifico ha incontrato in Italia anche il favore della Legge: nella sentenza n. 601 dell’11 gennaio 2013 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un padre che contestava l’affidamento del figlio alla madre coinvolta in una relazione omosessuale sulla base del fatto che tale relazione avrebbe potuto danneggiare la salute mentale del figlio: «Non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio – dice la sentenza – che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».
Nel corso degli anni quindi il concetto di genitorialità è mutato, passando dal biologico al mentale: la genitorialità, definita come l’attitudine emotiva che ciascun individuo mette a disposizione di un altro perché possa crescere, non è più considerata naturale o “di proprietà” soltanto di una madre o padre biologici, ed è sganciata dal genere sessuale. Così possiamo parlare di funzioni materne e paterne, piuttosto che di padri e madri necessariamente connotati sul piano biologico.
Con queste nuove consapevolezze non si deve tralasciare il tema, concentrandosi solo sui punti fermi; molte donne e molti uomini omosessuali sono genitori e la loro esperienza va conosciuta e ascoltata: negarla o cacciarla nell’oscurità danneggia loro e i loro figli. Ecco alcuni dei contenuti che possono emergere nei colloqui con queste coppie: senso d’impotenza rispetto alle difficoltà connesse all’ avere dei figli; rabbia per le discriminazioni subite; senso di inadeguatezza a essere genitore in quanto omosessuale; nel caso degli uomini gay, timore di essere meno capaci di crescere un bambino in quanto uomini oltre che omosessuali; nel caso dell’adozione, senso di colpa per avere aggiunto un problema (genitori omosessuali) a un trauma (essere stati abbandonati); competizione e/o rivalità con il partner su chi è il genitore più importante; gelosia, invidia e insicurezza nei confronti del partner che è genitore biologico.
Altre questioni riguardano la comunicazione con il minore: nel caso di fecondazione eterologa, come spiegare le proprie origini al figlio? Quando? Quali connotazioni prendono le procedure mediche qualora vengano presentate al diretto interessato?
Queste sono domande aperte la cui risposta non è semplice, ma di certo impegnano il genitore nel proprio ruolo verso i figli: garantire cura e protezione, assicurare il contenimento, promuovere l’intersoggettività, aiutare a gestire i conflitti, incoraggiare l’accoglienza reciproca, favorire l’autonomia. Coltivare queste capacità rende tutti i genitori, etero o omosessuali, in grado di crescere la propria prole in maniera sana, in contesti socio-culturali in continua trasformazione.
Dr. Marco Aldegheri.