Il giorno 14 dicembre 2021 alle ore 20.00 si è svolta la riunione mensile di Human in Progress.
Alcuni soci erano presente, altri seguivano on-line e diversi ci hanno atteso al ristorante per la cena sociale di fine anno.
Oltre agli aggiornamenti sui pazienti seguiti in équipe e sulle attività in corso la Presidente ha intervistato Daniela Capello, di ritorno da un viaggio nelle Repubbliche Baltiche, in particolare in Lituania.
La socia Capello ci ha spiegato che le condizioni storiche e geografiche hanno reso questo piccolo paese una terra di frontiera in molti modi. Non vi è una identità culturale precisa né un senso della nazione. Le città visitate da Daniela sono state Vilnius, Riga, Tallin. La differenza rispetto alle città europee è palpabile. Lo stesso viaggiare è un trasferirsi chiuso nelle direzioni e negli spazi consentiti. Le etnie, l’impronta religiosa molteplice contribuiscono a creare un coacervo di razze e tradizioni omologate e coperte dal lungo periodo sovietico. Tracce del periodo di occupazione russa si hanno negli edifici, nella diffusione di un ateismo assoluto che oggi lascia spazio ad una maggiore tolleranza verso i cattolici e i cristiani in genere.
L’eterogenea transizione porta a vedere ancora chiese trasformate in centri d’aggregazione sociale mentre nei luoghi di culto riscoperti domina un silenzio assorto.
La convivenza fra modelli culturali così diversi rende ogni aspetto della convivenza transitorio, temporaneo. Questa precarietà sottolinea una non appartenenza, un flusso mutevole come vario è stato ed è – soprattutto in questi tempi precari – il corso della storia.
A Riga si ammirano le tracce dei Romanoff, la Lituania appare la più povera al viaggiatore che la percorre, solitamente in gruppi di turisti per evitare le difficoltà e le chiusure della mentalità locale.
Lettonia ed Estonia appaiono economicamente migliorate rispetto ai regimi che rendono queste terre ferme nel tempo, arretrate di fronte alla media occidentale. La ritualità della tradizione spirituale si coglie soprattutto in alcune chiese cristiano-ortodosse, mentre l’antica presenza ebraica nella zona è stata cancellata. A scopo di rievocazione storica un villaggio ebraico è stato ricostruito dove prima si trovava un ghetto scomparso.
Tallin appare al visitatore attento come un luogo di forti contraddizioni: il centro storico è vivace e le strutture di case e piazze, i colori ecc… lo fanno sembrare un paese di fiaba. Appena fuori dal centro il grigiore della cappa della vecchia oppressione sovietica torna evidente. Questi contrasti, invece di mostrarci una diversità fatta di molteplici spunti d’arricchimento reciproco, suggerisce un senso di irredimibile precarietà, nello scorrere troppo lento di un tempo fermo, rigido, senza apertura né imminente prospettiva d’attesa di cambiamento.
La natura è bellissima e rispettate, fatta di colori forti e di apertura alla vita.
Alcune tracce del passato, come gli altissimi campanili in legno, vengono ricostruiti per mantenerne traccia e la commistione di fedi e valori ortodossi, musulmani, atei, valdesi, luterani, contiene in sé stessa grandi potenzialità.
Ciò che oggi crea un muro difensivo, domani potrebbe essere ponte e testimonianza di civiltà.
Di seguito: Città di Tallin, Dacia Romanoff in Lettonia e Croci di diverse fedi in Lituania.
Giulia Remorino Ibry.
Presidente Human in Progress.